Bentornato su Capitalmente, alla base di ogni crisi c’è sempre la ricerca di maggiori guadagni, vediamo perché l’avidità è alle radici della crisi finanziaria dei mutui subprime.

La crisi finanziaria nel 2007-2009, ribattezzata crisi dei mutui subprime, ha avuto inizio negli Stati Uniti nel 2006.

La crisi del mutui subprime è partita dall’America ed è arrivata in Europa, dove, qualche anno più tardi, ha concorso alla crisi del debito sovrano europeo.

Trae le sue origini dalla politica monetaria espansiva in cui si trovava l’America in seguito alla crisi dot-com e agli attacchi del 11 settembre 2021.

All’epoca erano in vigore tassi di interesse molto bassi, tra l’1,5% e il 2%, e una politica monetaria accomodante atta a stimolare l’economia.

In questo contesto le banche hanno iniziato a concedere prestiti a persone che non potevano permettersi un mutuo alimentando una delle crisi più ampie dopo quella del ’29.

Alla base come sempre c’è l’avidità dell’uomo e il desiderio di arrivare a facili guadagni.

Ma procediamo con ordine e andiamo alle radici della crisi finanziaria dei mutui subprime.

Cosa sono i mutui subprime

I mutui subprime sono prestiti ipotecari caratterizzati da tassi di interesse più elevati rispetto a quelli tradizionali.

I mutui subprime vengono concessi a persone con una storia creditizia debole o inesistente e per questo presentano tassi di interesse più elevanti.

Questi mutui sono considerati ad alto rischio per le banche a causa della maggiore probabilità di insolvenza da parte dei mutuatari.

I presupposti della crisi risalgono al 2003, quando le banche iniziarono ad erogare mutuo subprime sempre con maggiore frequenza (e sempre di fronte a minori garanzie).

Alle radici della crisi dei mutui subprime

La bolla immobiliare alla base della crisi

A partire dagli anni 2000 il mercato immobiliare americano e il valore delle case salirono in maniera costante favorendo la bolla immobiliare che portò poi alla crisi.

Il basso costo del denaro e le politiche monetarie della FED, che mantenne i tassi bassi fino al 2004, favorirono la salita dei prezzi degli immobili.

La crescita costante del valore degli immobili, fenomeno che finì a metà 2006, e la possibilità di stipulare mutui subprime senza difficoltà, spinse molte persone ad indebitarsi allo scopo di guadagnare dalla futura vendita del proprio immobile.

Più mutui venivano concessi per comprare immobili e più il valore degli immobili cresceva finendo per alimentare la bolla speculativa.

Il fenomeno della cartolarizzazione

Oltre alla bolla immobiliare e ai bassi tassi di interesse, la crescita dei mutui subprime è stata favorita dallo sviluppo delle operazioni di cartolarizzazione.

Questo processo permette agli istituti di credito di trasferire i mutui, dopo averli convertiti in titoli, a terze parti recuperando immediatamente una parte significativa del credito che altrimenti sarebbe stato riscosso solo alla scadenza dei mutui stessi (10, 20 o 30 anni dopo).

Apparentemente, la cartolarizzazione consentiva alle banche di liberarsi del rischio di insolvenza dei mutuatari, riducendo così l’incentivo a valutare correttamente l’affidabilità dei clienti.

La cartolarizzazione permetteva alle banche di avere “nuovi fondi” per erogare altri mutui subprime a clienti che via via venivano valutati sempre più superficialmente.

Tramite questo effetto leva le banche riuscivano a realizzare profitti elevati ma si esponevano al rischio di perdite ingenti… cosa che poi si è puntualmente verificata.

Il ruolo delle agenzie di Rating nella crisi dei mutui subprime

Perché le agenzie di rating non si sono accorte di nulla

Le società veicolo acquistavano dagli istituti finanziari i mutui cartolarizzati vendendo agli investitori titoli a breve termine.

Le operazioni di cartolarizzazione hanno portato alla creazione di prodotti strutturati molto complessi e poco standardizzati.

Questi prodotti venivano scambiati principalmente over the counter (OTC) e non permettevano una valutazione condivisa del loro rischio e valore agli operatori di mercato.

In questo contesto il giudizio delle agenzie di rating era diventato sempre più importante come riferimento comune per la valutazione dei prodotti.

Purtroppo, in seguito allo scoppio della crisi, è emerso come anche le agenzie di rating abbiano sbagliato palesemente le loro valutazioni poiché basate su ipotesi e scenari troppo ottimistici sull’evoluzione del contesto economico.

E’ inoltre emerso che le agenzie avevano assegnato rating troppo generosi, anche a causa dei conflitti di interesse che “incentivavano” tale comportamento.

In pratica le agenzie di rating, al fine di ottenere gli incarichi, erano indirettamente spinte a dare valutazioni alte ai prodotti finanziari degli istituti che si rivolgevano a loro (e dai quali ricevevano i compensi per la valutazione).

Lo scoppio della bolla immobiliare

La FED iniziò ad aumentare i tassi di interesse all’inizio del 2004 in risposta alla ripresa dell’economia degli Stati Uniti.

I mutui diventarono sempre più costosi e aumentarono i casi di insolvenza delle famiglie incapaci di pagare rate sempre più elevate.

La diminuzione della domanda sugli immobili portò alla diminuzione dei prezzi fino al punto in cui molte ipoteche non erano più coperte dal valore dell’immobile acquistato.

Molte ipoteche valevano meno del mutuo erogato

La bolla immobiliare travolge le istituzioni finanziarie

Con il passare dei mesi le istituzioni finanziarie più coinvolte nell’erogazione dei mutui subprime registrarono pesanti perdite.

Solo a partire da luglio 2007 le agenzie di rating iniziarono a declassare i meriti di credito dei titoli cartolarizzati, ma ormai era troppo tardi

Tali titoli, ormai ampiamente diffusi sul mercato, persero ogni valore e diventarono illiquidabili, costringendo le società veicolo a chiedere fondi alle banche che li avevano emessi e che avevano garantito linee di liquidità.

In un contesto in cui non era chiara la distribuzione dei titoli strutturati nel sistema finanziario, il mercato interbancario sperimentò un forte aumento dei tassi e una significativa contrazione della disponibilità delle banche a concedere credito ad altri istituti finanziari.

Come conseguenza le banche che avevano subito delle perdite non riuscivano più a recupere la liquidità necessaria e andarono incontro al fallimento, evitato solo grazie all’intervento del Tesoro e della FED.

La banca di investimento Lehman Brothers, tuttavia, non ricevette aiuti statali o supporto da soggetti privati e avviò le procedure fallimentari il 15 settembre 2008.

Il default Lehman Brothers generò preoccupazioni diffuse sulla solidità di altre banche d’affari e timori per gli effetti dell’esposizione verso questi istituti di tutti gli altri partecipanti al mercato.

La crisi divenne ancora più grave, con turbolenze senza precedenti che si estese dal mercato dei prodotti strutturati ai mercati azionari.

In particolare ai titoli delle società del settore finanziario, e progressivamente all’intero sistema finanziario evidenziando un elevato grado di interconnessione.

Gli impatti sull’economia reale

In breve tempo, la crisi dei mutui subprime si trasferì all’economia reale statunitense ed europea, provocando una caduta di reddito e occupazione.

Per evitare il crollo dell’intero sistema finanziario il governo americano intervenne con un piano di salvataggio articolato sia in operazioni di nazionalizzazione sia in programmi di acquisto di titoli privati.

Durante il biennio 2007-2009, il programma di acquisto di titoli cartolarizzati Tarp (Troubled asset relief program) raggiunse la cifra mostruosa di 7.700 miliardi di dollari (contri i 700 stimati) e comportò immissione di liquidità sul mercato bancario a tassi prossimi allo zero dalla FED a sostegno di banche e compagnie di assicurazione.

La diffusione della crisi dei mutui subprime a tutto il mondo

Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia dovettero predisporre consistenti piani di salvataggio per diversi loro istituti di credito in difficoltà.

Nel complesso gli aiuti erogati dai governi alle banche dei rispettivi sistemi nazionali raggiungono i 3.166 miliardi di euro in Europa, sotto forma di garanzie (2.443 miliardi), ricapitalizzazioni (472 miliardi) e linee di credito e prestiti (251 miliardi; dati MBRES a dicembre 2013).

L’Italia venne toccata solo parzialmente da questa crisi mentre capitolò in seguiti alla crisi del debito sovrano degli anni successivi.

Cosa ci insegna la crisi dei mutui subprime

Alle radici della crisi finanziaria dei mutui subprime, come di tutti le crisi finanziarie, ci sono avidità e un errato calcolo del rischio.

Ognuno degli attori coinvolti:

  • Gli investitori che volevano speculare sulla compravendita delle case.
  • Le banche che volevano guadagnare di più offrendo mutui sempre più rischiosi a soggetti con poche garanzie.
  • Le agenzie di rating che facevano valutazioni “favorevoli” al fine di ottenere gli incarichi dai proprio clienti.

Ha portato alla crisi che abbiamo vissuto e che nessuno aveva previsto fino al momento stesso in cui si è verificata.

Spesso sentiamo dire “questa volta è diverso”, ma lo sarà veramente?

Anche per oggi è tutto, se hai dubbi o suggerimenti lascia pure un commento sarò felice di risponderti, spero di rivederti presto su Capitalmente, il tuo blog di finanza personale a porta di click.

Ricordati, come sempre, che l’articolo non rappresenta una sollecitazione all’investimento ma è una mia opinione basata su dati e studi condotti nel tempo.